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Il Biribisso può essere tranquillamente definito come il padre della roulette, un gioco d'azzardo affermatosi soprattutto a Genova verso la metà del 1600 particolarmente sconveniente per i giocatori. "Un vero gioco da ladri", lo definì Giacomo Casanova, che era un grande professionista di questo gioco.
Al biribisso si utilizzavano delle pallottoline forate per il lungo (giandette) in ciascuna delle quali si introduceva progressivamente un numero dall'uno in su. Questi numeri corrispondevano ad altrettanti riportati sopra un tavoliere in caselle separate, dipinte con raffigurazioni umane o di animali.
Il vincitore era colui che avendo messo una moneta sopra un numero, aveva la fortuna che lo stesso numero fosse estratto dalla borsa dove si ponevano e agitavano le pallottoline.
Il tavoliere del biribisso era formato da 66 caselle numerate. Ognuna rappresentava una figura di: dama, cavaliere, mashere... Personaggi della mitologia greca come: Bacco, Cupido... Paesaggi e alcuni stemmi della nobiltà genovese come: i Doria, Grimaldi, Pallavicini... E alcune caselle raffiguravano figure animalesche oppure frutta e verdure.
Il gioco del biribisso viene proibito con alcuni decreti, ma tutti giocavano accanitamente, ricchi e plebei. Inutilmente nel 1747 Gian Francesco Doria lo indica come una delle più serie ragioni della rovina della nobiltà genovese. Solo nel 1779, con una legge severissima, si riesce ad eliminare questo gioco, che emigra in Francia e prende il nome di biribì, in terra transalpina, sarà legale fino al 1837.
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